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Le mamme sono noiose, i papà supereroi

La scorsa settimana, mentre io e il mio compagno stavamo facendo la spesa al supermercato, improvvisamente il salvatempo ha smesso di funzionare e, intanto che aspettavo che al punto informazioni ci resettassero l’infernale oggetto, ho fatto un giro nell’isoletta dedicata ai libri. Poiché per adulti ce ne sono veramente pochi e decisamente non del genere che piace a me, in circa 30 secondi mi sono ritrovata ad aggirarmi tra espositori e scaffali dedicati alla lettura per l’infanzia e qui ho avuto modo di vedere ancora una volta quanto la rappresentazione dei due genitori sia diversa. In breve, le mamme sono noiose, mentre i papà sono supereroi.

Ok, lo so, in 4 righe sono passata dalla spesa al supermercato ai libri a un’affermazione un po’ forte. Ora rallento e ti spiego: sono lì che guardo questi coloratissimi libri per bambini e, istintivamente, mi viene da allungare le mani per sfogliarli. Sfoglia di qua e sfoglia di là vedo i genitori rappresentati così:
la mamma mentre cucina brodetti, mentre si commuove guardando un disegno del suo bambino, mentre allatta e mentre consola, mentre fa la spesa e mentre riordina, mentre fa il bagnetto al bambino e lo porta ai giardinetti dietro casa. E, ovviamente, alla fine piazziamoci sempre una bella seconda gravidanza (guai mai a dire che una ti è bastata e avanzata…);
il papà mentre impasta la pizza, mentre racconta bellissime storie e mentre suona la chitarra, mentre gioca ai pirati col suo bambino e mentre lo porta in bicicletta, mentre gli insegna ad arrampicarsi e nuotare, mentre col figlio guarda i cartoni animati e mangia popcorn, mentre passano una serata in tenda sotto le stelle.

Sono rimasta allibita circa 20 secondi e poi mi è salita la rogna: perché la mamma può essere solo doveri, cura e consolazione, mentre il papà è tutto divertimento e spensieratezza? Perché a suonare la chitarra o a fare un’attività “spericolata” non è la mamma mentre a fare la spesa o il bagnetto ci pensa papà? Perfino quando a prima vista fanno la stessa cosa, ovvero cucinare, la mamma riesce a essere il genitore palloso che offre il minestrone mentre il papà è il genitore divertente che mette in tavola una bella pizza fumante.
Quando smetteremo di proporre ai bambini questo modello di società stereotipato, involuto e, voglio credere, nella realtà superato? Quando la società smetterà di fare pressioni alle donne affinché si conformino/appiattiscano a una visione che definire troglodita è fargli un complimento? Quando invece tutti insieme daremo il giusto rilievo all’importanza di distribuire equamente i compiti “noiosi” all’interno della coppia cosicché anche le mamme possano essere “divertenti”, proprio perché a quel punto potranno avere il tempo di esserlo?
Certo, ovviamente andando nelle librerie per ragazzi, quelle un po’ di nicchia che ancora si trovano qui e là, o facendo ricerche approfondite su internet si trovano libri con rappresentazioni dei genitori più varie e variegate, ma non sarebbe bello se, finalmente, anche nei luoghi di cultura di massa, come può essere l’isola dedicata ai libri che si trova all’interno dei supermercati, fosse disponibile qualcosa di più che la visione totalmente banale e superata dei genitori? Cosicché, magari, anche la zia Adelina di turno, che al supermercato ci compra i regali di Natale, riesce a fare una cosa buona.

Ci sono tante domande in questo post e, purtroppo, non ho la risposta a tutti questi interrogativi. Quello che so è che io e il mio compagno siamo lontani da questa rappresentazione e non potrei esserne più felice. Siamo magari ancora lontani da quello che definirei un ottimo (ché il perfetto non esiste proprio) e magari ne parleremo più avanti (hello, carico mentale). Ciò che spero è che mia figlia, ripensando alla sua infanzia, mi ricordi tanto per le volte in cui l’ho curata e coccolata quanto per le volte che abbiamo fatto qualcosa di divertente insieme. E spero anche saprà che un uomo che cambia un pannolino non è né demascolinizzato né, al contrario, un supereroe meritevole di lodi: è soltanto un papà che cura la creatura che ha desiderato e a cui ha donato la vita. Di sicuro noi ci stiamo impegnando con l’esempio per trasferirle questa consapevolezza.

PS
Tra l’altro, e questo è un gran peccato, sarebbe bastato mescolare un po’ le pagine per avere un prodotto più realistico e meno anni ’50. Un pizzico in più di coraggio, case editrici, un pizzichino.

PPS
Libri di grammatica italiana che riportate ancora frasi come “la mamma stira le camicie” spero non esistiate più. E, se esistete, sappiate che sarete i prossimi a essere oggetto del mio disprezzo.

Cosa pensi di questa rappresentazione dei ruoli genitoriali? Credi sia ancora attuale o, invece, anche secondo te è superata?

Del perché mia figlia non è la mia (unica) prima priorità

Nel momento in cui ti nasce un figlio tutto il resto, ammettiamolo, un po’ svanisce. Il mondo che ti ha sempre circondato perde i suoi contorni, qualsiasi cosa che non sia direttamente collegata alla creatura è un po’ sfocata. Credo sia normale, d’altra parte nei primissimi mesi quella creaturina ha costante bisogno di essere curata (soprattutto se invece che, su 24 ore, dormirne 16 e starne sveglia 8 fa il contrario 😬) e siamo programmati per mettere i suoi bisogni sopra a tutto, ad andare avanti nel compito di cura anche nelle condizioni più estreme.

Dunque, è previsto dalla natura che i figli siano, in una scala di priorità, al primo posto. Li si mette lì inconsciamente ed è probabilmente questo il motivo per cui, ad esempio, l’anno scorso i regali di Natale di BabyL erano già pronti e impacchettati a novembre mentre per tutto il resto di amici e parenti ho corso come una forsennata fino all’ultimo secondo. Tuttavia, come spoilerato nel titolo, per me mia figlia non è la mia unica prima priorità. BabyL, giorno dopo giorno, se la batte (e spesso vince, ma non focalizziamoci su questo ora) con quell’entità alla quale deve la sua vita ovvero la coppia composta da me-mamma e dal suo papà. La nostra coppia esisteva prima di BabyL e se vogliamo che continui a esistere dobbiamo continuare a nutrirla e curarla, esattamente come facevamo prima di diventare genitori.

Non lo nego, a volte richiede uno sforzo enorme continuare a farlo: un po’ perché è difficile trovare il tempo da dedicarci, un po’ perché non viene più così spontaneo come prima, bisogna pensarci consciamente e sovvertire “l’ordine naturale” de “il bambino prima di tutto” e il farlo talvolta genera sensi di colpa che Freud levati! Che poi, con un bimbo piccolo per casa bisogna anche ridurre le aspettative e puntare a cose realistiche come la preparazione di un piatto speciale per cena da gustare insieme (anche se la creatura non può mangiarlo perché contiene funghi e quindi occorre fare un doppio menù) o il lasciare un bigliettino sul tavolo che l’altro troverà a colazione (da scrivere prima di andare a letto), far trovare all’altro il lavandino della cucina sgombro di piatti sporchi (lavati mentre la creatura si attacca alle gambe perché reclama tutta l’attenzione) o chiacchierare stravaccati sul divano, mano nella mano, dopo aver messo a letto la creatura (anche se vorresti solo rimbambirti davanti a una serie tv).Piccoli gesti d’amore che dicono “ti penso, ti apprezzo, ti voglio bene”. In certi momenti sembra quasi che sia più la fatica che il gusto, eppure è proprio in quei momenti che penso al lungo termine e ritrovo tutti i motivi che mi spingono a pensarla in questo modo:

  1. perchè quando BabyL sarà grande si farà la sua vita, com’è giusto che sia, e non voglio ritrovarmi fra vent’anni a chiedermi chi è lo sconosciuto con cui divido il letto;
  2. perché i figli stanno bene se i loro mamma e papà stanno bene e se la coppia ha un rapporto amorevole e sano è di grande esempio, anche per il tipo di relazione desiderabile per il futuro;
  3. perchè andare d’accordo aiuta a non perdere la bussola, a non cadere nelle recriminazioni, anche quando la situazione è tiratissima (esempio, immagina 9 mesi consecutivi di notti insonni di inaudita violenza). E l’unico modo per garantirsi almeno la possibilità di andare d’accordo è mantenere aperto un canale di comunicazione, parlare e ascoltare, confrontarsi e accogliere, a volte scendere a compromessi. E sapersi parlare vuol dire, tra le altre cose, saper elaborare delle strategie educative condivise;
  4. perché ci siamo scelti una, due, dieci, venti volte e non ho nessuna intenzione di perdere l’occasione di sceglierci tante altre volte ancora.

Sarà forse questo il motivo per cui non mi sento in colpa (una delle rare volte) se ogni tanto lasciamo BabyL con i nonni e usciamo a pranzo solo noi, dedicandoci qualche ora solo per noi, per parlare, condividere i nostri mondi interiori e ritrovarci. Perché in quel momento sto comunque facendo qualcosa che si rifletterà su mia figlia. Sto decidendo consciamente di continuare a riversare amore in quel rapporto che ha permesso di dare vita alla sua esistenza.

Con questo (e con il reel qua sotto che puoi vedere anche su il mio profilo IG) approfitto per augurare un buon San Valentino a tutte le coppie che continuano a scegliersi, a
supportarsi (e a volte anche solo sopportarsi!) e che continuano a prendere quello che la
vita dà e a trasformarlo nella loro avventura.

Leggere insieme ai bambini è come fargli un regalo tutti i giorni

Prendere spunto da conversazioni e scambi di opinioni avuti con altre mamme (on e offline) è una cosa che mi piace e mi stimola tanto. In questo caso mi regala anche l’opportunità di parlare di uno dei miei argomenti feticcio: la lettura. Nelle ultime due settimane mi è capitato infatti di confrontarmi con altre mamme per capire come sfangare la fine di questo luuunghissimo inverno; cose come che attività proporre in casa quando il maltempo imperversa, come contenere, smorzare, incanalare l’inesauribile energia e curiosità tipica dei bambini piccoli che, prima che arrivi ora di cena, finisce irrimediabilmente per far assomigliare la casa a una discarica (mentre tu ormai faresti la tua porca figura come comparsa in The Walking Dead e senza passare dal reparto trucco&parrucco, ma questa è un’altra storia). Pensando alle mie giornate ricche di lego sparpagliati per casa, palline assassine che sfrecciano in ogni direzione sempre pronte a finire sotto un piede e vibranti proteste perché no, non apriremo tutti i cassetti della cucina solo per sbriciolare cracker sul pavimento, mi sono resa conto che in tutto questo enorme casino ci sono dei momenti a bassa tensione, diciamo così. Sono i momenti in cui il gioco è leggere libri: la lettura può essere infatti tranquillamente annoverata fra le attività quotidiane di BabyL e non come cosa imposta da me, ma come un qualcosa che è la bambina stessa a ricercare. Quasi tutti i giorni, infatti, mia figlia, a più riprese durante la giornata, va a scegliere in autonomia un librino dal suo scaffale e, o si mette a sfogliarlo da sola o lo porta a mamma/papà/nonni per farselo leggere. Quando lo dico c’è sempre qualche mamma un po’ sgomenta che mi chiede: “Ma come hai fatto?”

Questo, chiamiamolo così, interesse per l’oggetto libro non è arrivato “per caso”, nè dal giorno alla notte: abbiamo iscritto BabyL alla nostra biblioteca comunale di riferimento quando aveva tre mesi e nel corso dell’anno successivo l’abbiamo portata a svariati incontri organizzati proprio dalla biblioteca all’interno del programma nazionale “Nati per Leggere”. Sicuramente anche il fatto che ci siano sempre libri sui nostri comodini e che ci veda maneggiarli aiuta: si sa, i bambini imparano principalmente per imitazione. Inoltre, mi piace investire tempo (e denaro) nella ricerca di libri adatti all’età di BabyL che siano interessanti, cioè che oltre alla storia in sé propongano un’attività come ripetere rumori, scoprire figure, imitare movimenti e così via, in modo da aumentare il suo coinvolgimento.
E no, l’interesse per i libri non trova certo radici nell’indole di mia figlia: BabyL non è una bambina pacata che ama i giochi statici o che si perde delle mezze ore su qualcosa. Tanto per darti un’idea, il suo soprannome è “Unna”, intendendo esattamente un membro del popolo di Attila data la calma e la delicatezza con cui affronta qualsiasi cosa. Eppure, quando arriva il momento “libri” possiamo contare su una piccola parentesi di gioco più o meno tranquillo. BabyL rallenta e si concentra su una sola cosa, il che permette anche a noi genitori di riprendere fiato. Se siamo fortunati la parentesi dura anche 10/15 minuti e chi ha bambini piccoli in giro per casa sa che un quarto d’ora di baby-tempo in realtà equivale a circa un secolo su un orologio regolamentare.

A-ha, starai pensando, è per questo che hai introdotto BabyL alla lettura, madre degenere che non sei altro! No, non è per questo: diciamo che è un bonus molto apprezzato, non previsto e soprattutto per gioco tranquillo intendo che comunque, la maggior parte delle volte, finiamo per tirar fuori tutti i libri, leggiamo un po’ di uno e un po’ dell’altro saltando di palo in frasca, il tutto mentre scorrazziamo allegramente avanti e indietro per il salotto, facendo i versi degli animali rappresentati o imitando le azioni descritte sui libri. Sto divagando, ma ci tengo a dirlo: mica avrete pensato che improvvisamente bimbi di 18 mesi potessero comportarsi come adulti, no?

Tornando a noi, ho introdotto mia figlia alla lettura fin da quando aveva pochissimi mesi perché, come chi mi segue da un po’ già sa, credo fortemente nel potere della letteratura di aprire mondi inesplorati dentro di noi, di insegnarci a pensare in modo critico, di imparare ad accogliere diversi punti di vista, di riflettere e portare alla luce cose che abbiamo dentro e che neanche sapevamo fossero lì. E sì, sono tutte cose che fanno anche i libri per bambini, specialmente se noi genitori ci prendiamo il tempo di sederci di fronte al nostro bambino, di concentrarci solo ed esclusivamente su di lui e sulla lettura, arricchendola con descrizioni delle figure, facce buffe e gesti d’affetto e accogliendo tutti gli spunti che il nostro bambino riesce a restituirci.

Tutto questo per dire due cose: la prima è che l’interesse per i libri può essere acceso in tutti i bambini, indipendentemente dalla loro indole. La seconda è che spetta a noi far scaturire la prima scintilla. O per dirla con un’altra metafora, l’amore per la lettura è un semino che noi genitori possiamo piantare, che dobbiamo annaffiare con costanza, cui dobbiamo dedicare tempo e attenzioni e che poi un giorno potrà sbocciare sotto forma di una capacità di attenzione maggiore, di grande immaginazione, di curiosità verso il mondo e gli altri. Il che non può essere che un enorme regalo che ciascun genitore può fare al proprio figlio.

E se non ti fidi di me, fidati delle ricerche scientifiche!
Sul sito di Nati per Leggere trovi il decalogo dei buoni motivi per leggere insieme al tuo bambino.