La lezione più importante che ho imparato nel mio primo anno da mamma

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Crescere come genitori significa imparare tantissime lezioni. Da queste parti siamo diventati mamma e papà da poco più di un anno e mezzo e abbiamo già sbattuto la faccia su tante di quelle cose che, se ciascuna avesse lasciato un segno visibile, porteremmo una bella collezione di lividi stampata sul volto. Sospetto che, con il passare del tempo, le lezioni si faranno più frequenti e più dure, tuttavia c’è una cosa che ho imparato nel mio primo anno da mamma che resterà valida fino alla fine dei miei giorni (e la voglio condividere con te).

Quando BabyL era ancora nella pancia e anche durante i suoi primissimi mesi di vita ho letto tantissimo su cosa aspettarsi e come comportarsi con un bambino nella fascia 0-12 mesi. Ho letto di routine per le prime settimane di vita e dai 3 mesi in poi, di massaggi AIMI, di strategie per calmare il bebè nelle diverse situazioni, di come favorire le tappe di sviluppo motorio, di autosvezzamento, di metodo Montessori, di gentle parenting e potrei continuare per diverse altre righe. Sai che ho fatto con quasi tutto quello che avevo imparato? Un bel giorno l’ho preso e l’ho buttato, come dicono i Negrita, dentro a un bidone… e fuoco col kerosene. Sai perché? Perché ogni volta che tutte le belle teorie lette qui e là non si traducevano affatto nella mia realtà mi prendeva un tale senso di impotenza e sconforto da portarmi fino alle lacrime. Tanto per fare qualche esempio, BabyL non si faceva massaggiare, aveva bisogno di manifestare il suo malessere a pieni polmoni altro che fasciarla e farle “shhh” nell’orecchio, non ha mai voluto stare in braccio né è grande fan delle coccole (abbracci e carezze durano 3 secondi, il resto è wrestle mania), non le piace il latte, non si lascia guidare nei movimenti per impararli ma, caparbia, vuole imparare le cose da sola, alle sue condizioni.

Ok, forse ho esagerato quando ho detto che ho dato fuoco a tutto; diciamo che ho deciso di ritenere in memoria le linee guide della teoria, cassando tutta la parte di “applicazione pratica”. E credimi, mi è costato una fatica immane lasciar andare tutto il confortante sapere accuratamente impacchettato nei libri di puericultura che avevo studiato; quel sapere era un faro nel buio, mi dava un’idea di quello a cui stavo andando incontro e a me piace essere preparata. Eppure, da quando ho ridimensionato le aspettative e smesso di ossessionarmi con “dovrebbe fare questo e invece non lo fa” oppure con “ma perché tutti gli altri bimbi fanno così e la mia no?” e ho sostituito i manuali generici con l’osservazione (dunque conoscenza) di mia figlia, nonché con il mio istinto, fallibile ma anche molto preciso, mi sento decisamente meglio. Non solo, anche BabyL è più tranquilla, il che migliora le giornate di tutta la famiglia.

E ho imparato la lezione: tra quello che vorremmo fare noi genitori e quello che alla fine facciamo concretamente nel quotidiano c’è sempre la mediazione del nostro bambino che fin dalla nascita non è una pallina informe di creta da plasmare come più ci piace, ma una persona che fin dalla nascita ha un suo temperamento e le sue predisposizioni.
Certo, tra i compiti del genitore c’è quello di educare i figli e di aiutarli ad acquisire competenze, ma ciò non significa che essi debbano rispondere a tutti i nostri desideri o all’immagine, spesso irraggiungibile, che ci siamo fatti di loro e del loro futuro. Perché, tra tutte le cose importanti che un genitore deve fare per suo figlio c’è questo: ascoltarlo (non solo con le orecchie), permettergli di fare esperienze e sbagliare, accogliere le sue inclinazioni naturali e, più avanti, rispettare le sue scelte, anche quando divergono da quello che ci eravamo immaginati per loro. E tutto questo discorso vale da 0 a 99+, come dicono alcune scatole dei giochi da tavolo.

È una lezione difficile, una di quelle che nei momenti di conflitto tendi a scordarti perché vorresti semplicemente che le cose andassero lisce e come le vuoi tu. Perché sarebbe molto comodo. Perché vorresti avere il controllo della tua vita per un momento, ma quel controllo lo hai barattato per un’avventura che inizia nel momento in cui il test di gravidanza risulta positivo e non finirà finché avrai vita campare. Un’avventura che nei suoi stadi iniziali, magicamente, riesce a trasformare la fatica e quella sensazione di non farcela più in sorrisi e tenerezza.

Ma veniamo a te; qual è la lezione più importante che hai imparato come genitore?
Oltre ad ascolto e accoglimento quali sono le cose che, secondo te, un genitore deve fare per rispettare suo figlio?

PS
Non sto dicendo che libri e manuali non servono a nulla; non mi permetterei mai e non lo credo. Quello che sto dicendo è che, nonostante le ondate di insicurezza che caratterizzano i primi mesi con un neonato/lattante, è importantissimo non lasciarsi sopraffare dalla mole di informazioni che si possono trovare nel 2023 su qualsiasi argomento vi salti in testa. Nel caso della neogenitorialità è quanto mai pericoloso aggrapparsi troppo al raggiungimento di un “come dovrebbe essere” che forse non sarà mai.

4 comments on “La lezione più importante che ho imparato nel mio primo anno da mamma”

  1. Concordo con te troppi manuali servono a poco..anch io sposo la filosofia che ogni bimbo è a sé e che a volte conta molto di più l l’osservazione dei propri figli per tentare di assecondarli nei bisogni costruendo noi mamme un nostro metodo che metta d qccordo figli e noi stesse specie i primissimi mesi dove possibile magari parlandone cn pediatra a volte mamme amiche perché no.. (se il pediatra è in gamba piiche ne ho cambiati 3 io personalmente!)…aggiungo che attenersi a ciò che scrivono libri e siti a volte manda via di testa la mamma se poi il bimbo non reagisce come indicato..

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    1. Esattamente, c’è da uscirne pazze. Io mi ci sono rovinata i primi mesi perché mia figlia era tutto tranne che la bimba descritta dai manuali. Purtroppo molti di questi vengono consigliati anche ai corsi preparto e da mamma in attesa del primo figlio ci si casca per forza.

      Ci sono tante cose che farei diversamente se potessi tornare indietro, ma non si può e allora mi accontento di essermi portata a casa questa lezione che, per quanto difficile, so che mi servirà anche in futuro!

      PS
      sulla questione pediatri, mmmh, non mi ci metto neanche…

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      1. Anch io ho avuto Filiberto un bimbo completamente diverso da quello descritto dai manuali..e se posso aprire un altro capitolo complesso (mi limito a due righe ma ci sarebbe da scriverci un libro)a me il corso per parto interrotto poi x covid a me ha fatto più male che bene.zero informazioni realmente importanti..tutto un indottrinamento sull allattamento al seno …tutyo focalizzato sul delegare il bimbo (‘a chi se come me non hai nessuno a parte il papà?) Per riprendere ad uscire e curare se stesse dopo il primo mese del bimbo.. impossibile per me anche perché era il periodo delle coliche fino a 3 mesi…e di fronte a domande mie specifiche ricevetti solo risposte scontate e non chiare…va be’..ad altre mamme invece il corso e stato un esperienza bella e utile (mia sorella che l ha fatto on line ne parla benissimo x dirti)…mi e dispiaciuto molto ..se tornassi indietro n lo ripeterei

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        1. Sicuramente ci sono diversi tipi di corso preparto e alcuni possono essere più d’aiuto di altri. Io pure lo feci a distanza in tempo di lockdown e sarebbe certamente stato più “pratico” se lo avessimo potuto fare dal vivo (le amiche che me lo avevano consigliato mi avevano detto che facevano fare un sacco di cose con dei neonati bambola come, ad esempio, anche il cambio pannolino o lo swaddle).

          Ciò detto, mi sono resa conto molto dopo che il limite principale di tutti questi corsi sta già nel loro nome, “preparto”: 3 incontri su 4 dedicati a travaglio, contrazioni, varie fasi del parto e un’infarinatura velocissima sulle prime ore postparto. Nulla sulla realtà che ti investe come un treno subito dopo, nessun avvertimento sul fatto che allattare non è così facile e “naturale” come si vuol far credere, né sul fatto che non tutti i bimbi si possono inserire nei bellissimi schemini visti qua e là online. È questo il problema principale, oltre al preparto ci vorrebbe un corso o almeno una rete a cui i futuri genitori possano affidarsi per capire cosa vuol dire diventare genitori…

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